Slow fashion: tendenza o scelta di stile?
Slow fashion: tendenza o scelta di stile?
Moda sostenibile: chi ben comincia… partendo anche dall’ambiente
Abbiamo dato il benvenuto al 2023 con tanti buoni propositi e una lista di 5 suggerimenti per affrontare il nuovo anno. Ci sono abitudini meno faticose e altre più impegnative che ci richiedono maggiore dedizione e costanza per raggiungere dei piccoli ma significativi traguardi. C'è chi ha scelto la continuità, senza alterare troppo le routine del 2022 e chi ha puntato a un 2023 più sfidante con impatti positivi sia sulla propria vita che sull'ambiente. Ambizioso? Senza dubbio. Realistico? Decisamente. Stiamo parlando di sostenibilità. Una parola che ormai ci ritroviamo a pronunciare tutti i giorni e per diversi contesti d’uso. Ma sappiamo davvero cosa intendiamo quando parliamo di moda sostenibile?
Alle radici del green fashion. Quando nasce la moda sostenibile?
Non occorre andare troppo indietro nel tempo per vedere sfilare i primi capi green in passerella. Nei primi anni Novanta la moda, detta anche green sostenibile dai meno esperti, diventa la nuova tendenza artistica dei più famosi stilisti di tutto il mondo. Inizia infatti la sperimentazione dei primi tessuti ecosostenibili e si estende con sempre maggiore competenza il concetto di riciclo creativo. Nell’alta moda un esempio tutto italiano è Giorgio Armani che utilizza per la prima volta tessuti organici per i suoi abiti, mentre nella capitale francese, lo stilista Lamine Kouyaté si serve di vecchi tessuti da poter riutilizzare per le sue creazioni artistiche. Il vero acceleratore del concetto di moda sostenibile è arrivato però solo con un cambio di paradigma, quando i brand non sono stati più riconoscibili unicamente per tagli e colori, ma sono diventati portatori di valori, identificandosi sempre più con il contesto storico sociale; espressioni di un’estetica che ha smesso di ignorare la sua catena produttiva ma che anzi ne rafforza le capacità. Una contaminazione di visioni che ha raccolto sempre più proseliti fino ad assistere alla nascita di marchi che fanno del concetto di sostenibilità il proprio core business.
Rallenta! Chi va piano va sano e va lontano…e con stile.
La Treccani definisce lo slow fashion come “Locuzione coniata da Kate Fletcher nel 2007 applicando al settore moda le suggestioni del movimento slow food di Carlo Petrini, con l'idea di difendere le buone pratiche che intendono porsi come controproposta e antidoto, se non proprio in aperta opposizione, alle derive della produzione industriale. S. f. ha anche una sua precisa collocazione in opposizione a fast fashion, cioè a quel sistema produttivo e culturale che è nato dalla crisi del prêt-à-porter e dai processi di globalizzazione della moda. (...) In sintesi intende celebrare lo stile personale, di chi crea e di chi ne fruisce, incoraggia la documentazione dei processi produttivi promuovendo il consumo consapevole, valorizza la qualità e, indubbiamente, esorta a consumare meno e meglio.”
Quindi non è solo una questione di contrapposizione, slow fashion vs fast fashion, ma una scelta consapevole verso un nuovo modo di essere e fare moda.
Si tratta solo di moda sostenibile quindi? No, è molto di più. Uno stile di vita, un nuovo modo di apparire che coincide con l’essere. Essere più responsabili, documentarsi, sentirsi parte di un sistema dove l’uomo è una parte del tutto e non più il solo protagonista. Quando la moda non è sostenibile? Chi paga il prezzo di fronte ad un apparente vantaggio economico? Queste sono le domande da porsi; non è solo questione di ambiente ma anche di impatto sociale. Un prezzo eccessivamente basso offerto dall’industria del fast fashion è la diretta conseguenza di salari bassi, una paga quindi poco dignitosa, oltre che di materiali scadenti e una blockchain poco rispettosa delle regole produttive. Si stimano oltre 60 milioni di lavoratori nell’industria tessile con oltre l’85% di donne con condizioni oltre i limiti dello sfruttamento. Si va poi dai 200 ai 60 euro di paga mensile. Si parla poi di oltre 100 milioni di bambini coinvolti nella produzione.(Fonte vesti la natura)
Non resta che arrendersi? No, almeno non più. Per fortuna non c’è solo chi le regole non le rispetta; sono infatti diversi i gruppi e le organizzazioni nati allo scopo di tutelare e difendere il mercato e i consumatori. Uno fra tutti è Fashion Revolution, un movimento no-profit globale tra i più grandi al mondo che vede nella moda il potere e la capacità di cambiare il mondo.
La trasparenza che ci piace: non solo nei tessuti ma anche nell’informazione.
L’industria tessile è la seconda più inquinante al mondo, dopo quella petrolifera. Diverse sono le ragioni che la portano ad essere seconda sul podio. Consumo di risorse fuori controllo, inquinamento delle falde acquifere, emissioni di gas climalteranti, sfruttamento di animali e perdita di biodiversità. Oltre a ragioni strettamente ambientali ci sono quelle, come abbiamo visto, che coinvolgono più da vicino l’uomo.
Come quindi evitare l’abbigliamento fast fashion? Guardare le etichette e dare peso alle certificazioni sono i primi passi per scegliere i brand di moda sostenibile. Anche se ad una prima lettura quei simboli ci sembrano essere tutti uguali e più simili ai geroglifici, i loghi applicati alle etichette dei prodotti o nelle pagine ecommerce sono facilmente riconoscibili. Quindi per saper distinguere prodotti etici e sostenibili da quelli che non lo sono, basta far attenzione a quanto indicato proprio sui capi al momento dell’acquisto. In caso di confusione e incertezza, ci vengono in aiuto diversi portali dedicati e big G.
Slow non è sinonimo di Low
Le regole ci sembrano tante e gli impatti poco gestibili, ma la creatività umana sa sempre trovare le soluzioni alternative per non rinunciare alla nostra grande passione Moda. Sono diverse le iniziative nate negli ultimi anni a supporto dei fashion lovers. Da soluzioni tecnologiche come le app che supportano il vintage e il riuso, a molteplici brand figli degli anni 2000, capaci di sorprenderci riducendo al minimo gli impatti negativi. L’Associazione per la promozione della moda etica e sostenibile Vesti la natura ad esempio ha stilato un elenco di 10 brand made in Italy. Numerose proposte green arrivano anche dalle grandi fiere. Durante la 103esima edizione del Pitti Uomo - 2023 - tra gli eventi di moda più attesi dell’anno, centinaia sono stati i brand eco-friendly ai quali è stato addirittura dedicato un intero padiglione.
Essere sostenibili quindi non significa avere un armadio noioso o costoso, ma saper ottimizzare, lasciandosi ispirare dalla qualità di cosa si sceglie e la consapevolezza di come viene prodotto.
Le 5 regole per un guardaroba sempre più sostenibile
Dopo aver esplorato il mondo della moda sostenibile, abbiamo visto alcuni esempi di brand, come funziona e quando la moda è sostenibile. Ma come riuscire a trasformare il proprio guardaroba nel tempio della sostenibilità? Niente paura, non dobbiamo mettere in vendita tutto il nostro armadio su Vinted, ma possiamo darci 5 piccole regole da seguire per generare sempre meno impatto sull’ambiente e sulle persone.
- Leggere sempre l’etichetta: non sono lì per caso ma ci raccontano la storia del capo. Le calorie e gli zuccheri delle nostre leccornie non ci sfuggono mai, impariamo a dare la stessa importanza alle composizioni dei prodotti da acquistare. Faremo del bene al corpo e allo spirito.
- Preferire i capi durevoli. La matematica ci viene in aiuto. Meglio 4 capi che si rovinano velocemente oppure 1 capo ad alta performance e durevole? Oltre che evitare l’odiato effetto pilling, anche il risparmio è garantito e l’ecosistema ringrazia.
- Acquistare sempre meno prodotti delle catene fast fashion. Si sa, l’attesa amplifica il piacere. Cosa ci potrebbe mandare più in fibrillazione dell’attesa del lancio di una nuova collezione? Il fast fashion conta 51 collezioni all’anno. E la suspance, gli spoiler? La moda è arte, è narrazione, siamo sicuri di voler andare ad un ritmo di 51 novità?
- Crearsi il proprio capsule wardrobe. Non c’è niente di più confortevole che sapere cosa indossare nei momenti più critici della nostra settimana. Pochi capi, di qualità e abbinabili tra loro in modo da creare un guardaroba completo. Quei must have che ti faranno sentire sempre a tuo agio
- Rallentare anche durante lo shopping. Chi non si è mai sentito almeno una volta nei panni di Rebecca Bloomwood in “I love shopping”?! Anche se quel capo pensiamo che ci serva davvero, come per la ragazza dalla sciarpa verde, basterà passare alla vetrina o sito ecommerce successivo per trovarne un altro “più irrinunciabile". Come risolvere questo imbarazzo nella scelta? Facciamo prima un giro di “perquisizione”, ci aiuterà a chiarire le idee. E anche le nostre tasche ringrazieranno.
La parola d’ordine quindi per un 2023 all’insegna dello slow fashion è cambiamento. “Il cambiamento è una costante, il modo in cui lo accogliamo definisce il nostro futuro”, diceva la defunta Elisabetta II. E di Sua Maestà regina di stile, possiamo fidarci. Tocca a noi accogliere questo cambiamento, e dire CIAO ad una velocità che ha perso il suo fascino e scegliere una lentezza in grado di farci notare.